• it
Persone
12 maggio 2022

L’innovazione richiede diversità: l’uomo al centro della digital transformation

È opinione comune che, più le macchine entreranno a far parte del nostro quotidiano, più l’essere umano sarà estromesso dal mondo del lavoro: eppure, più i processi digitali sono complessi, più la componente umana è al centro di essi

Il progresso tecnologico viene da sempre guardato con una certa diffidenza: da una parte ha letteralmente rivoluzionato il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci rapportiamo con gli altri in una manciata di anni, aprendo in ogni settore orizzonti che fino a pochi decenni fa sembravano fantascientifici. Dall’altra, il timore diffuso è che un sempre maggiore ricorso al digitale possa estromettere l’uomo dai processi produttivi, in qualche modo rendendo sempre più “artificiale” anche la vita all’interno delle aziende, finanche la creazione di nuovi prodotti e servizi. Un timore che nasce forse dalla possibilità di automazione di un sempre maggior numero di processi via via più complessi, dando l’impressione che l’uomo sia ormai un “di più”, un qualcosa di cui si potrà presto fare a meno. Eppure, sarà proprio la Digital Transformation a rimettere l’uomo al centro.

Trasformare i dati in conoscenza

Viviamo nell’era dei dati: la capacità di leggere macro e micro dati in modo sempre più diversificato e complesso rende possibile a chi deve progettare prodotti o servizi prendere decisioni facendo affidamento su basi molto solide, personalizzando nello stesso tempo le esperienze per andare incontro alle esigenze di ogni singolo utente. Dopo decenni caratterizzati dalla produzione di massa incentrata sull’individuazione di specifici target sociali ad ampio raggio, si sta passando sempre più al prodotto o al servizio pensato per il singolo, in grado di adattarsi e anche di imparare: quando parliamo di Intelligenza Artificiale o di Internet of Things non dobbiamo pensare a robot umanoidi sul modello dell’amato C-3PO della saga di Guerre Stellari, per quanto possa essere affascinante. AI e IoT sono già realtà nella nostra vita di tutti i giorni: prodotti in grado di parlare, di comunicare tra loro grazie alla connessione in rete e programmi in grado di apprendere, di auto-implementare le proprie capacità interattive e predittive grazie all’utilizzo da parte dell’utente.

Intelligenza artificiale e internet of things sono già realtà: li sperimentiamo tutti I giorni utilizzando device in grado di comunicare tra di loro e imparare, di evolversi mediante l’uso che ne facciamo

Lo sperimentiamo quotidianamente, anche se forse non ce ne rendiamo conto, nell’utilizzo dei device tecnologici che ormai tutti possediamo. Un esempio? Forse avrete uno smartphone che ottimizza da solo i tempi di caricamento notturni basandosi sui nostri orari abituali di sonno. Oppure utilizzerete un software di riproduzione musicale in grado di proporvi in modo sempre più preciso canzoni e autori che forse neanche conoscevate, ma che incontrano perfettamente i vostri gusti. Questi sono i C-3PO che già abitano tra noi.

L’innovazione richiede diversità

Se l’innovazione tecnologica è in grado di trasformare un’immensa massa di dati in informazioni precise e puntali, fino ad arrivare a incontrare esattamente le esigenze del singolo, ne consegue che la qualità e la completezza dei dati sono elementi fondamentali: dati di scarso valore o incompleti, con evidenti lacune o viziati da bias di base non possono che produrre risultati falsati e portare a decisioni basate su presupposti errati.

Se la base dell’intelligenza artificiale è la trasformazione dei dati in conoscenza, la completezza dei dati è condizione necessaria perché la realtà così creata rispecchi la società nel suo complesso e sia realmente inclusiva

Se il principio è trasparente, meno evidente è il modo in cui queste lacune si generano: ad esempio se, come abbiamo visto, il Gender Digital Divide incide sulla possibilità e la capacità del pubblico femminile di accedere alle tecnologie, ne conseguirà come effetto diretto che verranno raccolti dati in prevalenza afferenti a un pubblico maschile. Questo cosa significa? Che anche le soluzioni – siano esse ideate da un essere umano o inferite da un’intelligenza artificiale – tenderanno a riprodurre lo stesso gap, in un circolo vizioso che tenderà sempre più a confermare il proprio bias iniziale e dunque ad allargare le distanze.
Quello del Gender Digital Divide è forse il più evidente – e il più studiato, anche se solo in tempi recenti – dei bias che possono giacere alla base dello sviluppo dell’AI, ma lo stesso principio è applicabile in diversi modi a differenti fasce della popolazione mondiale.
Ecco perché la tecnologia ha bisogno di diversità: solo una vera, profonda e completa inclusione può fornire i dati necessari a uno sviluppo tecnologico a sua volta inclusivo e privo di bias fondamentali.

L’essere umano al centro della Digital Transformation

Digitalizzazione, Internet of Things, Intelligenza Artificiale: sembra dunque che la tecnologia abbia ormai una parte da assoluta protagonista nelle nostre vita e che sempre di più ne avrà. Questo vuol dire che l’essere umano sarà destinato a un ruolo da co-protagonista? La risposta è no, anzi: per guidare una tecnologia dal volto sempre più umano servirà anzi sempre di più ciò che caratterizza l’essere umano. La capacità di guardare avanti, di adattare le strategie, di formare nuove competenze, di immaginare un nuovo futuro sarà quella che farà la differenza tra aziende vincenti e in grado di restare a lungo sul mercato e imprese destinate a spegnersi.
Le start-up che si affacceranno sul mercato, ma anche le realtà più o meno storiche che vogliano avere ruoli di primo piano nel mondo che si sta costruendo, dovranno puntare sì sulla tecnologia, ma senza dimenticare il lato umano.

I megatrend per la sostenibilità

Quali sono i trend che guideranno le imprese di domani, o forse già di oggi? Come costruire un mondo tecnologico inclusivo e davvero rappresentativo della realtà contemporanea? Cosa dovrebbe contraddistinguere una start-up? E quali sono gli elementi distintivi della cosiddetta quarta rivoluzione industriale, quella che stiamo vivendo oggi?
Di questi e di altri argomenti, tra cui quelli affrontati in questo articolo, ci parla Darya Majidi, CEO di Daxo Group e Daxolab e Presidente dell’associazione Donne 4.0, oltre che autrice di diversi volumi: il suo contributo, insieme a quello di altri massimi esperti nei settori di imprenditorialità, impatto e business plan, è disponibile nell’hub digitale GoBeyond Academy.
Si tratta di un percorso di formazione sviluppato con Feltrinelli Education, completamente gratuito e volto all’accrescimento delle competenze imprenditoriali e all’incentivazione dello sviluppo di idee sostenibili di successo e a vocazione sociale.

Altri articoli

Sostenibilità, tecnologia, economia. I problemi del presente e le soluzioni per il futuro. Il nostro magazine lancia uno sguardo attuale sulle frontiere più avanzate dell’innovazione.