La finanza a impatto sociale o Impact Investing rappresenta la via di mezzo tra la filantropia e la mera ricerca del profitto economico: un trend in crescita
Impact Investing
Ormai da qualche anno la pratica dell’Impact Investing – o, in italiano, finanza a impatto sociale – è sempre più presente nelle agende delle aziende e non solo dei grandi gruppi internazionali. Cosa si intende con questa definizione? Anche se non vi è una visione unitaria e condivisa a livello globale, quello che è certo è la precisa intenzione di destinare delle risorse finanziarie a supporto di progetti, ma anche di imprese o di fondi di investimenti che generino un beneficio sociale diretto.
Cosa genera tanto interesse? Il fatto di poter coniugare un impatto sociale positivo a una rendita economica, generando un doppio beneficio. Che si tratti di dare il proprio contributo alla protezione dell’ambiente, di sostenere le fasce della popolazione più deboli, di preservare il patrimonio storico e artistico di un paese, di promuovere una maggiore inclusività lavorativa e così via, gli ambiti in cui può esprimersi la finanza a impatto sociale sono pressoché infiniti.
Spesa pubblica necessaria / sostenibile
L’Impact Investing, come detto, può esprimersi in una moltitudine di modelli di business e si inserisce di norma nello spazio vuoto – spesso uno spazio di dimensioni considerevoli – che si forma tra spesa pubblica necessaria e spesa pubblica sostenibile. La spesa pubblica necessaria sarebbe quella ottimale per coprire l’intera gamma di esigenze espresse dalla società: dalle pensioni di vecchiaia alla disoccupazione, dall’edilizia convenzionata alle politiche per la famiglia, dall’istruzione all’arte al patrimonio storico alla cultura, dalla giustizia alla sanità e così via.
Un immenso insieme di bisogni tutti di primaria importanza, cui le sole forze pubbliche non riescono a dare risposte esaustive: come si suol dire, ovunque la si tiri la coperta è sempre troppo corta. E a rimanere scoperti non sono solo, per rimanere in metafora, i piedi: la discrepanza tra spesa pubblica necessaria e spesa pubblica sostenibile (quella che gli Stati possono realmente permettersi) ammonta per la sola Italia a diverse decine di miliardi di euro. E i numeri non sono migliori guardando al di fuori dei confini nazionali.
Il sostegno delle imprese
È in questo gap che si inserisce l’attività del privato, che decide attraverso i propri investimenti di colmare parzialmente questa discrepanza: di norma sono i settori della salute, della disabilità, della famiglia e dell’esclusione sociale ad attrarre il maggior numero di iniziative di Impact Investing, ma non mancano esempi illustri di interventi nell’ambito della cultura e del patrimonio artistico e storico.
A guidare la scelta sugli investimenti per i quali optare vi saranno i principi di efficacia ed efficienza, cari alle imprese, uniti a criteri ESG eccellenti. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra il driver principale – l’obiettivo sociale –, il rendimento economico e il livello di rischio.
La decisione su cosa e come investire, al di là di una maggiore sensibilità imprenditoriale rispetto a un settore rispetto a un altro, si basa su considerazioni con cui le aziende hanno una certa familiarità: i principi dell’efficacia e dell’efficienza degli investimenti sono infatti tra i capisaldi irrinunciabili di ogni realtà che si ponga sul mercato. Alla finanza a impatto sociale va il compito di sostenere questo processo, aiutando le imprese a reindirizzare e riorganizzare la propria spesa e a costruire nuovi modelli di intervento.
Da donazioni a investimenti
L’identificazione del supporto privato alla società con la semplice possibilità di fare donazioni a fondo perduto (magari fiscalmente detraibili), per quanto ancora possibile e sicuramente da incentivare, è dunque un concetto ormai superato. Infatti, per l’impresa che si inserisce nel campo dell’Impact Investing, si tratta di un’operazione finanziaria a tutti gli effetti, che porti quantomeno a recuperare quanto inizialmente investito, ma più probabilmente a ricavare dei profitti quando si riesce a ottenere un buon (o, ancor meglio, ottimo) bilanciamento tra impatto sociale (il vero obiettivo dell’investimento), rendimento economico e livello di rischio.
I criteri ESG
Come ogni buona operazione finanziaria, come detto l’Impact Investing non si basa solo sull’intuizione o sulla sensibilità dell’impresa: a guidare le scelte ci sono o ci dovrebbero essere i cosiddetti criteri ESG (Environmental, Social and Governance), che dovranno essere eccellenti.
Naturalmente, un’operazione di questo tipo dovrà basarsi su un approccio socialmente responsabile, evitando investimenti che siano responsabili di danni ambientali, alla salute, alla società e così via. Ancora, per quanto il ritorno economico sia uno dei fattori dell’equazione, questo non sarà né l’unico né quello più importante: a guidare le scelte dovrebbe esserci – come dice il nome stesso – l’impatto sociale o ambientale atteso dall’investimento stesso.
Un circolo virtuoso
Perché è così importante questo passaggio dalla pur lodevole filantropia all’Impact Investing? Perché è più sostenibile per le imprese, che possono destinare a questa voce risorse economiche più significative rispetto alla semplice donazione. Essendo inoltre investimenti che hanno tra i loro obiettivi anche un ricavo economico, è inoltre possibile destinare i ricavi – in tutto o in parte – all’incremento o all’apertura di nuovi investimenti a impatto sociale.