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Impresa
23 ottobre 2020

Un nuovo modello di comunicazione per l’impresa di oggi: il Brand Journalism

Con il Brand Journalism ogni azienda diviene una media company, improntando una comunicazione che annulla il marchio. E, annullandolo, lo rende più forte

L’innovazione che passa dalla comunicazione

La specificità di un’impresa innovativa, in grado di presentarsi in modo originale e consapevole al proprio mercato di riferimento, non passa solo dai modelli aziendali, dalla capacità di modificare i propri assetti al modificarsi della situazione esterna, dalla flessibilità e dalla predisposizione a guardare avanti. Ogni azienda, che sia di stampo tradizionale o meno, deve o dovrebbe essere consapevole dell’importanza di un elemento che può fare la differenza sul rapporto che si instaura con il proprio pubblico: la comunicazione. Lungi dall’essere un orpello o un semplice strumento pubblicitario, proprio le modalità comunicative messe in atto, sono in grado di improntare la percezione aziendale all’esterno e condizionano in modo non marginale il rapporto che si instaura tra di essa e i propri stakeholder a tutti i livelli.

Un’impresa innovativa dovrebbe essere in grado di porsi in maniera consapevole sul mercato anche dal punto di vista dell’immagine: le necessità comunicative dovrebbero evolversi al ritmo della società e dei suoi bisogni

Dalla pubblicità al brand journalism

Siamo passati dalle strategie di marketing pushed e pulled, dalla pubblicità aggressiva a quella comparativa a quella che mira a suscitare empatia raccontandoci storie emotivamente coinvolgenti, dall’ufficio stampa fatto di macchina da scrivere e taccuini ricolmi di appunti al sito vetrina. Negli anni le aziende non hanno mai smesso di cercare le modalità più efficaci per parlare con il proprio pubblico, poiché le necessità comunicative non si evolvono (o non dovrebbero farlo) al ritmo delle aziende, ma al ritmo della società, del suo pubblico, dei suoi bisogni. E, naturalmente, degli strumenti che ha a disposizione.

Disintermediazione tecnologica e diffidenza del pubblico verso la pubblicità tradizionale spingono le aziende a diventare delle vere e proprie media company: così nasce il Brand Journalism

Nell’ultimo decennio o poco più si è assistito a due macro-eventi che, nel contesto generale in cui si sono innestati, hanno portato le modalità comunicative fino ad allora in uso a mostrare in breve tempo la corda. Da una parte l’innovazione tecnologica ha messo a disposizione delle aziende sempre più strumenti per disintermediare il rapporto con i propri stakeholder.

Dall’altra il pubblico ha mostrato dapprima di non fidarsi più delle comunicazioni meramente pubblicitarie, di cui ormai conosceva i meccanismi, e in un secondo momento addirittura un meccanismo di rifiuto di questi strumenti. Se dunque da una parte gli strumenti più tradizionali, lungi dall’essere materia da requiem, hanno dovuto cercare il modo di reinventarsi, dall’altra il mondo della comunicazione ha iniziato a guardarsi attorno e ha inventato un nuovo mondo che si è subito rivelato fecondo, seppur impegnativo: il Brand Journalism.

Diventare editori di sé stessi

La prima definizione di Brand Journalism – a opera dell’allora capo dell’ufficio marketing di McDonald’s, Larry Light, alle prese con una crisi di identità aziendale senza precedenti – non è in realtà nuovissima. Risale al 2004, quando Light parlò della “cronaca delle varie cose che accadono al mondo di un marchio, attraverso i giorni e attraverso gli anni”. L’applicazione di questa teoria e di questi strumenti si è via via evoluta nel corso degli anni, mettendo a fuoco alcuni principi fondamentali.

Il primo principio su cui si basa il Brand Journalism è che ogni azienda può diventare editore di sé stesso, senza necessariamente passare per canali informativi gestiti da altri. Diventare editore di se stessi implica però alcune responsabilità, in primis quella di non ingannare il lettore, di non veicolare messaggi pubblicitari travestiti da informazione. Implica anche trasparenza, volontà di dare un servizio al lettore (e potenziale cliente), desiderio di comprendere e soddisfare i suoi bisogni applicando un determinato piano editoriale. Proprio come farebbe una vera e propria rivista.

Non ingannare il lettore, rispondere ai suoi bisogni, stabilire un preciso piano editoriale e svolgerlo nell’interesse dell’utente, applicando tecniche giornalistiche: così si conferisce spessore alla propria comunicazione

Il secondo principio è quello della professionalità e dell’impegno: per applicare un piano di Brand Journalism un’impresa deve imparare a ragionare come una media company. Il suo obiettivo non sarà dunque quello di veicolare messaggi che abbiano come scopo la vendita, ma di fornire notizie, informazioni utili al lettore, sia esso un appassionato di un certo settore o un esperto di una specifica nicchia. I suoi autori saranno giornalisti in grado di applicare tecniche, modalità ed etica propri di questo campo al settore aziendale, in un’evoluzione storica dell’ufficio stampa di vecchia concezione, tenendo conto nello stesso tempo di tutti gli strumenti oggi disponibili e delle tecniche che ne consentono il massimo sfruttamento.

Annullare il marchio per rinforzarlo

Il Brand Journalism, che ha visto negli anni una progressiva affermazione e una messa a punto di strumenti e tecniche sempre più raffinati, ha mostrato come la promozione di un’azienda non debba passare necessariamente solo dalla promozione diretta dei propri prodotti e servizi.
Al contrario, il Brand Journalism tende ad annullare il marchio: la sua comunicazione non passa attraverso la pubblicizzazione dei servizi o l’esaltazione delle caratteristiche di questo o quel prodotto. Si basa invece su un preciso piano editoriale che abbracci i temi affini all’azienda allargando lo sguardo oltre il suo interesse specifico, andando ad abbracciare quelli dei lettori.

E annullando il marchio ha l’effetto di rinforzarlo, consegnando agli stakeholder un valore che essi percepiscono e che dura nel tempo.

Il Brand Journalism annulla il marchio. E annullandolo ha l’effetto di rinforzarlo, consegnando agli stakeholder un valore destinato a durare nel tempo

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